Accordo di collaborazione tra Università di Messina-DICAM e la Fondazione Opera della Badia di Settimo ONLUS (Responsabile scientifico prof.ssa Marie-Ange Causarano).
L’ex monastero cistercense di San Salvatore a Settimo a Scandicci (FI) si presenta ancora oggi come un grande complesso fortificato, situato nell’ampia pianura ai piedi delle colline a sud di Firenze, tra il corso dell’Arno e i torrenti Vingone e Greve. L’edificio, sorto su un più antico monastero altomedievale fondato nel X secolo dai Conti Cadolingi di Fucecchio, assunse l’odierna articolazione tra XIII e XIV secolo, a seguito dell’insediamento, nel 1236, dei monaci cistercensi che lo rimodellarono secondo le esigenze del loro ordine religioso ed introdussero l’uso prevalente del laterizio. La presenza al suo interno di beni e merci di valore dovette, fin da subito, portare a progettarlo come un ambiente chiuso e architettonicamente munito, difendibile da eventuali attacchi. In occasione dei recenti lavori di restauro, ancora in corso, sono state avviate indagini multidisciplinari sull’intero complesso. Le indagini di scavo archeologico sono affiancate dallo studio stratigrafico degli elevati che ha come obiettivi:
la lettura stratigrafica delle strutture murarie dell’originario complesso monastico cistercense;
lo studio diacronico delle architetture finalizzato all’individuazione delle fasi evolutive;
l’analisi delle tecniche murarie e dei materiali costruttivi inseriti nel contesto territoriale di pertinenza.
Ad oggi le ricerche hanno permesso di individuare interessanti risultati nella Sala del Capitolo, nella c.d. Tinaia e nel c.d. giardino del Melarancio.
Responsabile/i scientifico/i dell’accordo di ricerca: Marie-Ange Causarano (Università di Messina), Giorgia Annoscia (Università di Roma “La Sapienza”)
L’accordo di ricerca, in corso dal 2023, per lo studio della città di Cencelle ha come oggetto lo studio diacronico delle strutture murarie, di natura civile e religiosa, presenti nel sito, oggetto di indagini archeologiche pluridecennali da parte dell’Università di Roma “La Sapienza”. La città medievale di Cencelle fu fondata, per volontà di papa Leone IV, nell’854; al momento della fondazione furono costruite integralmente in pietra le mura di cinta e una prima chiesa, dedicata a S. Pietro, che divenne sede episcopale. Tra fine XI e inizi XII secolo la chiesa fu completamente ricostruita e, in età bassomedievale, si assiste ad una generale risistemazione dell’insediamento, dotato ora di un palazzo comunale, che coinvolse anche il grande circuito murario, dotato ora di torri difensive e di una nuova porta di accesso rivolta a sud.
Le ricerche condotte dall’Università di Messina si sono concentrate, in questa prima fase di indagini, sull’individuazione delle fasi evolutive del circuito murario – di cui si conservano ancora tratti di età altomedievale –, sull’analisi delle tecniche costruttive e dei materiali lapidei impiegati.
Didascalie
Fig. 1 – Veduta aera del sito archeologico di Cencelle (Google Hearth)
Fig. 2 – La porta meridionale aperta in età comunale nell’antico circuito murario di Cencelle
Fig. 3 – Una delle torri del circuito murario
Fig. 4 – Tratto occidentale delle mura di Cencelle con in primo piano la porta di accesso altomedievale
Responsabile/i scientifico/i della convenzione: Marie-Ange Causarano (Università di Messina), Daniela Sparacino e Maria Grazia Vanaria (Parco Archeologico Naxos Taormina)
La convenzione, in corso dal 2024, per lo studio del complesso monastico dei SS. Pietro e Paolo ad Agrò (Casalvecchio Siculo – ME) mira a definire – partendo da un’analisi di tipo archeologico dell’edilizia storica – le vicende costruttive della chiesa, inquadrandole all’interno del territorio di riferimento. La chiesa dei SS. Pietro e Paolo si pone come l’ultima tra le grandi fondazioni e ricostruzioni monastiche supportate dal potere centrale normanno tra XI e XII secolo: costruita probabilmente all’inizio del XII secolo, fu colpita dal terremoto del 1169 e riedificata nel 1172, come attesta l’iscrizione murata nel portale di accesso. L’edificio, a tre navate con cleristorio, ha la parte absidale rivolta ad est; la facciata è caratterizzata nelle sue estremità nord e sud dalla presenza di due avancorpi, ricostruiti ad inizi Novecento. L’interno, scandito in tre navate da colonne, è realizzato in mattoni mentre l’esterno è caratterizzato dal sapiente connubio di laterizi e materiale lapideo di diverso colore e provenienza (pomice lavica nera, basalto, diversi tipi di calcare, arenaria); la navata centrale è coperta con due cupole.
Didascalie
Fig. 1 – La chiesa dei SS. Pietro e Paolo d’Agrò: veduta della facciata
Fig. 2 – Parte absidale della chiesa dei SS. Pietro e Paolo d’Agrò
Fig. 3 – Particolare dell’iscrizione murata nel portale di accesso alla chiesa
Fig. 4 – Veduta generale della chiesa dei SS. Pietro e Paolo d’Agrò
Responsabile/i scientifico/i dell’accordo di ricerca: Marie-Ange Causarano (Università di Messina), don Carlo Maurizi (Fondazione Opera della Badia di Settimo)
L’accordo di ricerca, in corso dal 2023, sull’ex complesso abbaziale di S. Salvatore a Settimo (Scandicci-FI), prevede lo studio stratigrafico degli elevati del complesso architettonico, inquadrandone le fasi evolutive e le trasformazioni avvenute nel corso dei secoli. Le indagini sono accompagnate dall’analisi delle tecniche murarie e dei materiali costruttivi inseriti nel contesto territoriale di pertinenza.
Il complesso, sorto su un più antico monastero altomedievale fondato nel X secolo dai Conti Cadolingi di Fucecchio, assunse l’odierna articolazione tra XIII e XIV secolo, a seguito dell’insediamento, nel 1236, dei monaci cistercensi. Finora le indagini, a carattere multidisciplinare, hanno indagato la Sala del Capitolo, evidenziandone lo sviluppo e le trasformazioni tra seconda metà XIII e inizi XX secolo, e gli edifici che affacciano sul chiostro minore, detto Chiostro del Melarancio. In quest’area le ricerche hanno portato alla luce la sequenza costruttiva di una serie di corpi di fabbrica che, tra fine fine XIII e XIV secolo, si erano organizzati intorno ad uno spazio aperto retrostante l’ala est del complesso monastico.
Didascalie:
1 – Veduta area della Badia di S. Salvatore a Settimo (Google Hearth)
2 - La Sala del Capitolo a fine scavo, con il pavimento rinascimentale portato alla luce.
3 – Facciata esterna della Sala del Capitolo con lettura stratigrafica degli elevati
4 – Facciata esterna dei corpi di fabbrica che delimitano a sud il Chiostro dei Melaranci, con lettura stratigrafica degli elevati

Il DICAM dell’Università di Messina è impegnato dal 2018 in attività di ricerca nel comprensorio della valle del Lao-Mercure, tra Calabria settentrionale e Basilicata meridionale. Nell’ambito delle attività dell’ArcheoLao Project – sotto la direzione scientifica del Prof. F. Mollo, in regime di concessione dal MiBAC ed in convenzione con il Parco Nazionale del Pollino e con i Comuni interessati –, sono in corso indagini non invasive nei territori dei Comuni di Castelluccio Inferiore (PZ) e Laino Castello (CS), i quali presentano le tracce di una fitta ed articolata frequentazione. Attraverso l’applicazione delle metodologie tipiche dell’Archeologia dei Paesaggi e con l’ausilio delle geotecnologie applicate alla ricerca archeologica, l’equipe del DICAM sta restituendo un quadro organico del comprensorio territoriale in oggetto, interessato da insediamenti e necropoli enotri e lucani – il cui fulcro è il grande centro sul plateau di S. Gada – ai quali fanno seguito la presenza romana, attestata da ville, fattorie e tracce di viabilità, e poi longobarda, bizantina e normanna.
Il sito archeologico di contrada Sofiana (Mazzarino, CL), posto nell’alta valle del torrente Porcheria-Nociara, a pochi chilometri dalla Villa del Casale di Piazza Armerina, fu scoperto e scavato tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso da Dinu Adamesteanu. Dopo un ventennio di stasi, una nuova stagione fruttuosa di ricerche archeologiche a Sofiana fu avviata tra gli anni ’80 e ’90 sotto la direzione del Prof. Gioacchino Francesco La Torre. La nuova stagione delle ricerche, ancora in corso, è stata avviata nel 2009 nell’ambito del progetto internazionale denominato Philosophiana Project.
Le ricerche archeologiche, condotte dalle Università di Trento e di Messina in convenzione con il Parco Archeologico di Morgantina e della Villa Romana del Casale, sotto la direzione scientifica del Prof. Emanuele Vaccaro (UNITN) e del compianto Prof. La Torre (UNIME), stanno fornendo importanti informazioni per la ricostruzione delle dinamiche insediative del sito e del suo hinterland. I risultati delle indagini offrono un ampio palinsesto della storia di questo significativo centro della Sicilia interna, dalla tarda età ellenistica fino ad età federiciana, le cui dinamiche nella diacronia risultano di fondamentale importanza per la conoscenza e/o la rilettura delle principali problematiche che hanno interessato la Sicilia centro-meridionale nella longue durèe.
Per perseguire tali risultati è stato elaborato un protocollo metodologico multidisciplinare che ha previsto ricognizioni territoriali intra-site supportate da tecnologia GPS, Survey geofisico, Test pits per verificare le anomalie; ricognizioni sistematiche ed intensive extra-site; prospezioni geofisiche; analisi su base GIS dei materiali di superficie; scavi in estensione.
La villa imperiale di Damecuta occupa un vasto pianoro che si sviluppa, a circa 150 m slm, all’estremità N-O dell’isola di Capri, ricadendo nell’attuale comune di Anacapri (Na).
Rimane a vista la parte più scenografica della residenza: un belvedere a emiciclo, servito da una lunga ambulatio che costeggia il limite del pianoro, entrambi sostenuti da possenti sostruzioni. All’estremità N-E dell’ambulatio si innesta una ripida scala che conduce ad alcuni ambienti direttamente costruiti sulla roccia, forse un appartato quartiere residenziale. In corrispondenza di questi, quasi sul limite dell’altopiano, sono state costruite su preesistenze più antiche una torre di avvistamento e una struttura a due navate.
La villa, saccheggiata e spogliata nel corso del tempo, fa parte delle dodici residenze capresi che la tradizione attribuisce a Tiberio e intorno alle quali si è sviluppata la leggenda del ritiro dorato, ma non privo di ombre, nel quale l’imperatore scelse di trascorrere gli ultimi sette anni della sua vita. Si tratta di uno dei complessi monumentali meglio conservati dell’isola, superato in celebrità solo da Villa Jovis, la cui mole domina il capo opposto dell’isola a N-E.
Grazie a una serie di campagne di scavo, realizzate tra il 1937 e il 1949, la villa è stata parzialmente portata alla luce e destinata a Parco Archeologico.
A partire dal 2024 il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina, nel quadro di una convenzione triennale stipulata con la Direzione Regionale Musei Nazionali Campania, ha finalmente ripreso le attività di scavo e di ricerca in questo importante sito, direttamente connesso alla committenza di Augusto o di Tiberio.
La prima campagna di scavo, realizzata nell’autunno del 2024 e finanziata dalla Direzione Regionale Musei Nazionali Campania, coordinata dalla Dottoressa Stefania Tuccinardi (RTDa in Archeologia Classica) con la collaborazione del Dottor Marco Miano (Assegnista di Ricerca), ha visto la partecipazione di numerosi studenti dell’ateneo messinese e di altre università italiane.
Il progetto si propone di: revisionare e pubblicare la documentazione relativa agli scavi del secolo scorso e alle complesse operazioni di restauro all’epoca realizzate, finora rimasta sostanzialmente inedita; definire l’estensione del complesso monumentale, elaborandone un rilievo aggiornato; rivedere la cronologia dell’edificio e delle sue fasi antiche; offrire un contributo per migliorare la fruizione e la valorizzazione del sito, anche attraverso il coinvolgimento della comunità locale e con il sostegno del Comune di Anacapri.
Responsabile scientifico: Stefania Tuccinardi
Didascalie immagini
- La villa imperiale di Damecuta, foto da drone (2024)
- La villa imperiale di Damecuta, dettaglio dell’emiciclo (2024)
- La villa imperiale di Damecuta, ambulatio e sostruzioni (scavi 1937-1949)
Dal 2024 il Dicam, la Direzione regionale Musei Calabria, la SABAP di Vibo e Reggio Calabria hanno avviato il progetto scientifico ArcheoVibo, il cui focus è rappresentato da attività di ricerca e valorizzazione nel territorio della colonia greca di Hipponion, poi colonia latina con il nome di Valentia. Le attività hanno visto, innanzitutto, l’elaborazione e creazione di una piattaforma GIS funzionale alla realizzazione di una carta archeologica della città, parzialmente costruita e implementata. Inoltre, nella primavera 2025 sono state effettuate alcune indagini stratigrafiche sulle mura greche di Hipponion in loc. Trappeto Vecchio, tra le meglio conservate in Magna Grecia. Le strutture murarie appartengono ad almeno cinque differenti fasi di vita, databili tra età arcaica e III sec. a.C.: lo scavo è stato effettuato a ridosso della cosiddetta torre 5 ed ha evidenziato il rinvenimento di un lungo tratto di muro con doppio paramento ed émplecton a pietrame misto, databile sulla base dei materiali, alla fine del VI sec. a.C., già in parte individuato da Paolo Orsi a inizi Novecento. Su di esso si appoggia sicuramente una torre di forma quadrangolare, riferibile alla fase II (età classica?), riempita da strati di livellamento; al muro arcaico si addossa anche la doppia cortina muraria in grandi blocchi isodomi, riferibili alle ultime due fasi della struttura difensiva, databile nel corso del III sec. a.C.
Responsabile scientifico: Fabrizio Mollo
Il progetto, in concessione ministeriale (MIC|MIC_SABAP-SS|16/09/2024|0014366-P, funzionario archeologo responsabile per il territorio: dott. Enrico Dirminti), nasce con lo scopo di definire in senso diacronico la complessità del popolamento nel territorio comunale di Siniscola (Nu). L’area non è mai stata oggetto di un progetto di ricerca continuativo; cionondimeno ritrovamenti occasionali, censimenti e l’interesse di alcuni studiosi permettono di comprendere le potenzialità archeologiche delle campagne siniscolesi, interessate da numerose evidenze come il villaggio nuragico di Luthuthai, costituito da una ventina di capanne e interessato da una rioccupazione in età romana, o il sito di Rempellos, presso il bacino del fiume Berchida, il quale mostra tracce di frequentazione di età nuragica, romana, medievale e post-medievale.
Sulla costa sorgeva probabilmente il Portus Luguidonis citato dalle fonti, mentre il ritrovamento di un frammento presso il monte Albo di un frammento di cratere apulo della metà del IV a.C., ha riacceso il dibattito circa la localizzazione di Feronia, colonia romana fondata secondo le fonti nel 378-7 a.C.
Il progetto, il cui obiettivo finale è la produzione di una carta archeologica del territorio, si avvale dei metodi e delle fonti tipici dell’Archeologia dei Paesaggi: ricognizioni sul campo, analisi di foto storiche, di immagini satellitari e da drone, della cartografia storica e moderna e studio della cultura materiale.
Responsabile scientifico: Marco Sfacteria